C’era una volta a Napoli

Lasciami ricordare le cose come non erano, quando la felicità era uno sparpaglio di pietre su una riva, in mezzo tra le voci dei grandi e i rombi dei motorini: lo stadio aveva la voce di un boato, Dio percorreva il campo, usciva dalla televisione fin dentro i salotti. I giorni e le case erano fatte per riempirsi di gente, gli scherzi coi telefoni in camera sembravano veri: tutto aveva i fili a vista. La città si guardava di notte dal mare, che parole vuoi dire? Che ti serviva allora, neanche ci pensavi, e invece oggi ci ritorni e niente. «Non puoi dire niente». 

Non lo so se ce la faccio a essere felice. Non ho più le stelle cadenti in tasca sparate da un motoscafo, parlo con l’eco del vulcano perché la sua bocca conserva meglio il tempo. I miei si amavano chiamandosi con un fischio: forse ho sbagliato famiglia. Una notte li corremmo a cercare lungo l’autostrada: c’è sempre un’attesa per le cattive notizie, l’androne di un palazzo, un odore di destino, la porta di un ingresso presidiato. «Serve a non farti male» dicono «meglio non guardare».

Fortuna che il cinema usa la memoria in un altro ordine, rifacendo la bellezza. Fortuna che posso scrivere il dolore al contrario e dirgli ciao. Quando sarà tempo. 

Per anni cerchiamo qualcosa che somigli a una musa, negli occhi e nelle case degli altri, dove nessuno immagina quello che succede veramente. Allora il tempo è reinventato, la personale verità si decompone in mezzo ad un cerchio la sera di natale o a primavera, sotto il sole estivo che fa parlare e parlare. 

Succede insieme la felicità, che quando arriva non possiamo star soli, guarda caso nessuno si accorge mentre si muove dentro di lei, come un bambino nel pancione, e ogni volta a cercarla a tentoni mentre ci avvolge e neanche ci pensiamo, a chiamarla, a dirle qualcosa. A guardare. 

«Se Maradona non viene a Napoli mi uccido»: così pensava la gente ed era vero, a tutti serve un Dio per impazzire. Il cinema distrae dalle cose, costruisce un altro mondo per non starsene fermi in balia di niente. Funziona come un impulso, prescinde dai marchingegni, dagli auricolari, è dentro nella testa, a un certo punto rompe il silenzio, diventa un suono.  

Ogni storia di uomo che sia degna è un gol irregolare, con tutto il bene e il male dentro, e ad ogni passo ripete con un fiato sottilissimo e fermo: 

«Lo senti il cuore? Quello batte e se ne fotte, funziona e non se ne accorge. Ce l’ha con te. Sta parlando con te».  

è stata la mano di dio – Paolo Sorrentino- 2021 – Film