Ezio suona: sta in piedi in mezzo a una tempesta, sul pianoforte-timone che diventa il ponte di una nave, e tutto intorno l’equipaggio, barche e pesci, in mezzo e dentro la marea e la notte. Se chiudo gli occhi non c’è niente, l’orchestra avanza e produce un temporale, mi porta via. La gente ascolta e piange, segue la storia di quest’uomo che percorre la sua linea della vita, la sua rotta.
«Se scrivi una melodia, serve qualcuno che la suoni, perché la musica è una dimensione collettiva come l’arte e la vita». «Bisogna far respirare il suono nell’aria» «Per la musica servono studio e passione», «Mi piace condividere, spezzare il pane per chi vuoi bene, cucinare e mangiare con le persone, stare insieme»
Ezio comincia appena nato, rimette in ordine le note con la voce, parte dal contrabbasso e arriva alla direzione d’orchestra fino al pianoforte, in fuga con la musica, dove la malattia non può fermarlo. Suona e ogni volta prova a diventare tutto, per scomparire in un grumo di note che si distende, che si apre facendosi pioggia.
«In questo universo siamo un puntino, e ciò che siamo fa male. Se suono, sono in balia e mi perdo nel mondo che non ha niente di sé, divento un altro, un pensiero collettivo. Quando compongo ho un’immagine in testa che suggerisce qualcosa, e chi mi ascolta la intravede, ma è diversa, è la libera magia della musica»
I musicisti provano in una stanza: è solo un video ma nel mezzo si trasforma, prima diventa un’esecuzione, poi un concerto. Non è altro che questo la vita, un gioco di bacchetta per alzare i toni e poi il contrario, come fanno i maghi o i direttori, togliendo le parole dalle cose che di colpo non hanno più fili. La realtà è una ricerca, un corpo a corpo. Da qualche parte si nasconde un dolore, dovunque sia lo trovano le corde, ed esso vibra.
«La materia di una storia non si può toccare».
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Le cose che restano/Ezio Bosso – Giorgio Verdelli- 2021- Film doc