Palestine/ Genocide / ….

Non esiste atto che non sia politico. Non esiste arte che non incida sul mondo circostante. L’artista nella torre è un mito che non esiste. Perché ciascuna bolla d’aria nei fondali marini crea una variazione di stato sulle linee invisibili delle correnti, così come ogni sputo differisce da una nebulosa invisibile di piccole gocce, da uno sbuffo di vapore nel gelo dell’alba d’inverno.

La poesia per suo conto è in questo la più grande ingannatrice. Si dimostra innocua, segue la curva di un macaone, ma è in realtà predatrice dell’istante, conferendo il suo nome alla più violenta delle relazioni di causa: se il “butterfly effect” lega lo sbattere delle ali di un lepidottero all’innesco di un uragano a grandi distanze, allora ogni parola e ogni azione smuove il vuoto, lo taglia o lo carezza a seconda.

Tutto c’entra con il resto: è questo il tema innegoziabile dei nostri tempi. Per l’esplosione delle telecomunicazioni, per l’onniscienza pur apparente del web, per la rapidità di ogni messaggio pensato e già arrivato a destinazione, siamo sempre ovunque e in nessun luogo. Quel che è certo ci inchioda come una collezione di lepidotteri nella magione oscura di un folle: non possiamo non sapere.

Ed ecco la parola chiave, la sola che realmente preme in questo singolo contesto, il motivo che mi fa scrivere: Palestina. Se avessi scritto solo questo, solo “Palestina”, oppure “Gaza”, “Sterminio”, “Guerra” poteva bastare, avrei potuto dirmi soddisfatto dall’economia del senso. Invece provo a diluire, ad argomentare con qualche frase, senza eccedere in niente, soltanto per chiarire. Ogni parola è un impercettibile moto d’onda sulla superficie di un mare immobile, in attesa che la verità, o qualcosa che gli somigli, emerga per sua natura. Tra milioni di foto e video e racconti. Tra pause e moti di schifo.

Questo scritto vuole essere più leggero dell’agonia e dell’orrore che ora, contemporaneamente al mio scrivere, accade sulla pelle e sul corpo di bambini, genti, anziani, civili, innocenti nei territori pretesi dallo stato di Israele: ogni parola riesce nell’intento, per quanto descrivere non renda l’idea. Perché la puzza dei cadaveri non la posso immaginare. Non la sento, non sono in quel luogo, non mi brucia alcuna ferita da granata. Ma vedo a distanza. Non ho la nausea, ma mi si gonfiano gli occhi. Non muoio con loro sotto le macerie, dilaniato a pezzi e brandelli. Non resto inerte in mezzo al pianto di un familiare che mi veglia, con i miei occhi consegnati al nulla, posati nel nulla, fissi per sempre. Sono vivo e al sicuro, ma per qualche attimo mi sento disumano e responsabile.

Volevo dire fin dall’inizio di questo scritto che una poesia, un articolo o un pensiero sono espressione di quello che io sono rispetto al mondo. Tutto questo ha un sapore dolciastro come il sapore del sangue mischiato alla polvere e alla terra, come il rumore delle bombe che mischia tuoni e petardi alla paura. Come il pane che qui si butta e per i gazawi è un sogno che può costare la vita, perché si spara sulle file per la fame. Come un soldato dell’Idf che si dà fuoco per protesta e viene descritto come un disturbato, mentre un egiziano che aveva fatto la stessa cosa contro il regime, qualche anno fa, è ricordato come un eroe.

Eccola la prospettiva. Un bambino trucidato è un bambino trucidato in ogni luogo e sempre. Le guerre uccidono gli innocenti in ogni luogo e sempre. I maiali sono nazisti o russi o israeliani, ma anche terroristi di Hamas, boia ucraini o miliziani serbi. Il male se ne fotte dei colori, uccide le creature. Per riconoscerlo serve empatia e pensiero.

Serve cura.

Questo libro che mi fa da pretesto riguarda un lavoro che ho fatto per anni e che non faccio più. Essere spettatori lascia l’amaro in bocca. Facciamo qualcosa. Condividiamo immagini. Scriviamo. Boicottiamo. Rinunciamo. Pensiamo. Stiamo in strada. Parliamo del male per come lo sentiamo sulla nostra pelle. Quella di quando eravamo bambini, e mangiavamo il pane. E potevamo giocare senza paura.

Noi.

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Un giorno tutti diranno di essere stati contro- Omar El Akkad – Feltrinelli 2025