L’idea si frantuma e così la coscienza, perché abbiamo più vite una sull’altra, che fanno il corpo nello spazio e nel tempo. È complicato accettare che siamo tanti, che ognuno ha un’anima multipla e infinita, e l’istinto ha una parte violenta, un’altra solitaria, e la cura ne conserva un’altra dolce, un’altra ancora piccola e perduta. È impossibile non riconoscersi nel male e nel bene di una storia: cambiano i gradi e i modi dell’azione, la potenza con cui sappiamo amare, uccidere o ferire. Cambia nell’infinito che siamo.
E io ero padre e giovane per sempre e io la ignoro
e non ricevo niente e ho avuto tutto e sono perso
nella malia che m’incanta
e nella posa
numero uno numero duemila
ed ero un losco un damerino e un arciere
un cacciatore e un nobile e poi un santo
e ancora.
Perché non so chi siamo. Non so chi sono e non lo sa nessuno. Non c’è un conto di quanta roba c’è che siamo noi, né immagino le anime che formano la mia, fatta di facce colorate e fluide. Il corpo dei pensieri di ciascuno è polvere dissolta ad ogni passo, nell’aria e nelle polveri degli altri. Questo vuol dire perdere e trovare, mentre un nucleo si conserva nel suo cuore. E si disperde, si mischia e non è più.
Cosa mi sono perso dello sbandato che ero, dell’asceta. Cosa facevo da insensibile e da pazzo, da dissociato e viaggiatore. Pensavo al sangue che mi ribolliva quando rubavo, quando eseguivo un ordine sbagliato. Pensavo ai giorni in cui perdevo il tempo. Andavo a scuola e poi scappavo via. Facevo di me stesso una bugia. Forme infinite di maschere e copioni che messe insieme fanno verità.
E certo. E forse.
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Qualcuno di noi- Pietro Grossi- Romanzo/2025/Mondadori