La donna parola fantasma

Una fotografia, un dagherrotipo o un calco da cui svanire, un pensiero che si fa grafia e diventa il nulla imperdonabile sottraendosi alla realtà: questo era il testo del personaggio impalpabile e disseminato di Cristina Campo, autrice di peccato e raziocinio estremo, di fede nella beltà irraggiungibile che lascia un tracciato di letteratura, dove non esiste il tempo. 

«Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere, inaudito il mio nome»

Non ha scritto quasi niente. Solo una massa di risposte e indirizzi, annotazioni e racconti per definire l’indefinibile. La donna che amava i più bei volti irraggiungibili del mondo, Von Hoffmanstahl, Emily Dickinson a 17 anni e altri sconosciuti, Mita, lei compagna di Elemir Zolla, girovaga della città di notte. Voleva sparire fin dal nome, Cristina Campo, che teneva insieme Gesù e i lager, scelto al posto di Vittoria Guerrini, con una vita votata al sacrificio e al deserto. I suoi libri sono i suoi epistolari, indegni di un corpus perché non comprensibili in un oggetto o in un discorso, composti di frammenti di parole e desideri a grappolo, sparsi per le coste inquiete della lettura. È vero, leggerla lascia un senso di inquieta bellezza. 

 «Ma io non ho davvero che la poesia come preghiera, ma posso offrirla?»

L’alchimia e il mistero si sposano ad una concezione concreta della vita quotidiana, di amori tempestosi, sfrenati e condannati. Lei è una donna di casa che quando ha tempo scrive, che vuole filare la lana o le parole. I fatti del mondo le appaiono malvagi di un male intollerabile, a cui tutto di noi deve opporsi per tendere ad un reale altro, annidato nell’ombra, con un metodo di distacco e indifferenza celesti. C’è in questo atteggiamento un segreto feroce che non si lascia prendere dal nulla del mondo. La verità definitiva della parola poetica, intangibile e religiosa, risplende a distanza lasciandosi guardare in un territorio di amicizia, dove si muove la scrittura simile al tempo dell’infanzia, fragile, lontana. 

«Si dovrebbe tornare alla unità d’intenti dell’infanzia, la totalità di scopo e di attenzione che rende il bambino invincibile signore del regno dei cieli»

————————-

Cristina Campo- Belinda e il mostro, La tigre Assenza, Gli imperdonabili, Lettere a Mita – Adelphi