Juke box love

Un enorme mobile colorato pieno di dischi, con un apparato meccanico e grandi altoparlanti se ne sta decorato di vetro e legno in una stanza quasi vuota, un salone che una volta era una rotonda sul mare o un bar: dentro di esso le voci si conservano nel tempo, incassate sui solchi dei vinili che girano sotto la punta. Inserendo una moneta il braccio di acciaio si solleva, sceglie il brano corrispondente al numero sulla tastiera e la plancia diventa una navicella: parte la musica di una canzone da spiaggia, le chitarre sfrigolano, una ragazzina libera le prime frasi. 

«The night we met I knew 

I needed you so» 

Il juke-box è un modello degli anni cinquanta, turchese e azzurro sembra una macchina sportiva con le luci di posizione, i parabrezza e i sediolini: si accende ed è pronto alla partenza, imponente come un razzo che attende le istruzioni. Nei pomeriggi estivi una barca placida mi culla, socchiudo gli occhi al sole mentre prendo il largo.

«Cerco l’estate tutto l’anno, 

e finalmente, eccola qua»

Di notte tra le chiacchiere sommesse diventa la sala da ballo di un ricevimento, richiama l’attenzione con il suo corpo luminoso, sembra invogliare a toccarsi nei suoi raggi iridescenti. I ragazzi non si guardano, ballano in un cerchio invisibile dove si sfiorano con gli occhi bassi.   

«I’ve been holdin’ out so long

I’ve been sleepin’ all alone

Lord, I miss you»

Dopo la festa i tubi restano caldi, l’apparecchio è un richiamo nel buio, una presenza che da ingombrante si fa discreta. Restano in due, il mare è stranamente muto, i balli sono finiti da un pezzo e non ci sono scuse. Se non arriva un bacio, all’occorrenza lo si può sognare. Forse ricordo male, ma in qualche modo quella notte c’eri.

«Wise men say

Only fools rush in

But I can’t help falling in love with you»

Il congegno è un monolite nell’ultima notte del mondo. Forse non siamo soli: le domande sono infinite come le stelle, è questa la loro bellezza. Parte il ronzio del piatto, la materia sfavilla, fa apparire una presenza: il disco oscilla ai tempi del cuore. 

«I was born to love no one

No one to love me

Only the wind in the long green grass

The frost in a broken tree

Un giorno di rabbia scaraventai il cellulare contro il muro, fece un rumore finalmente diverso dalle suonerie: fu una morte analogica come un corpo, una forma di vita al suo ultimo respiro. 

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Le non-cose- Come abbiamo smesso di vivere il reale     Byung- Chul-Han.     Einaudi 2022